sabato 21 dicembre 2013

Passo e...


Domani alle ore 18.30 ho l’aereo da Goiania a Sao Paulo, e poi da Sao Paulo a Milano Malpensa, ora di arrivo stimata per le 13.10 di Lunedì. Ancora non me ne sono reso conto che sto per tornare. O forse ancora non mi sono reso conto di essere stato in Brasile per qualche mese. Se Lunedì mi svegliassi nel mio letto e qualcuno mi dicesse che è stato solo un sogno, probabilmente gli crederei.

“Cosa ti porti in Italia del Brasile?” mi chiedono tutti. Facile, le persone. L’accoglienza di questo popolo è fuori dal comune, ti senti subito a casa, in famiglia. Per questo andarsene è così difficile. In questi giorni di addii scopro cosa è la “saudade” brasiliana.

Ieri è finita la seconda e ultima settimana di Colonia de Ferias, che meglio non poteva andare. Abbiamo raggiunto picchi di 80 bambini, ed è andato tutto per il meglio grazie anche al Grupo dos Educadores (i “nostri” ragazzi più grandi) che ci ha aiutato moltissimo, prendendo spesso in mano le redini della situazione. La speranza è che anche senza di noi, ma soprattutto senza la Silvia, alcuni di loro portino avanti il gruppo e le attività.

Insieme al grest, le ultime due settimane sono state caratterizzate da molte feste di “despedida”, ovvero di saluti prima della nostra partenza. Saudade a frotte.

Vi ricordate delle Lava Pé di cui vi avevi già parlato? Quelle simpatiche formichine che come dei ninja-kamikaze si arrampicano in massa sui piedi e sulle gambe e poi mordono? Ebbene, qualche giorno fa ho pensato bene di salire a piedi pari su un loro formicaio. La mezzora successiva è stata la più brutta della mia vita.

Nonostante il grest siamo riusciti a fare qualche ultima visita nelle famiglie. Ad una di queste verrà presto consegnata una carrozzina elettrica, perché il figlio maggiore è disabile e la madre, che si occupa di lui, non ha più le energie per portarlo su è giù per il quartiere con la carrozzina normale, peraltro mezza scassata. Siamo poi andati a cercare una coppia che vive in una baracca in riva a un rigagnolo. Lui è un tipo a posto, mentre lei è schizofrenica, e fatica ad avere una vita normale. Vivono vicino al fiumiciattolo perché quello è il loro bagno.

Nel tornare da questa ultima visita la macchina non parte. A prima vista sembra sia ingolfata, Corrado dice che ogni tanto succede. Facendo gli uomini apriamo il cofano, e dentro di me penso che non servirà a nulla dal momento che non so distinguere il motore dalla ruota di scorta, ma l’orgoglio maschio richiede almeno un tentativo. Tento una classica frase ad effetto, del tipo “mannaggia, potrebbe essere lo spinterogeno!”, poi Corrado nota un tubo che sembra staccato. Lo infiliamo al suo presunto posto, proviamo a mettere in moto e il motore parte. Giuro, è la prima volta in vita mia che sollevare il cofano serve a qualcosa.

Sempre riguardo alla macchina, una vecchia Uno brasilian-style, annuncio con orgoglio che ho avuto il piacere di guidarla. Mi sembrava di essere tornato ai tempi della Panda. Ovviamente il tutto senza patente, altrimenti che gusto c’è?

Le tante feste di despedida sono occasioni in cui tanti mi parlano di Dani e mi chiedono di salutare la famiglia. Sempre con tanti sorrisi, perché Dani era sempre capace di farti sorridere.

Oggi in quartiere è arrivato Babbo Natale a consegnare i regali ai bambini. Ho chiesto a qualche bambino e pare sia proprio quello vero. Soprattutto per le famiglie più povere è un occasione speciale, mentre per il “prefeito” (sindaco) è l’occasione per raccogliere voti in vista delle elezioni del prossimo anno. E siccome il prefeito in persona ha partecipato alla consegna dei regali, svoltasi in un campo da calcio del quartiere, nei giorni precedenti hanno ripulito le strade adiacenti e passato della calce bianca sui marciapiedi per farli sembrare più nuovi. Solo che Paolo non lo sapeva e aveva lasciato la macchina parcheggiata davanti a casa:
 
 

martedì 10 dicembre 2013

C'era una volta un padre


In contemporanea con l’apertura della stagione alla Scala di Milano, che esordiva con “La Traviata”, i nostri ragazzi del “Grupo dos Educadores”, capitanati dalla Silvia, hanno messo in scena il loro spettacolo, intitolato “Jovens sonhando um mundo melhor” (Giovani che sognano un mondo migliore). Silvia regia e suggeritrice, Fabio scenografia, musica, luci e effetti speciali, il sottoscritto riprese video, fotografie e battimani. Un successone, pubblico numeroso e ragazzi davvero talentuosi.

Il calendario mi ricorda che ci stiamo inesorabilmente avvicinando al Natale, ma i 32° C di temperatura mi rendono alquanto difficile credergli. Mi schianterò contro la verità con il primo passo fuori dall’aereo a Milano.

Storia di un padre:
E. aveva 43 anni ed era padre e marito. Ma soprattutto padre. Aveva quattro figli, di cui una nel progetto delle adozioni a distanza. Vi ho già parlato di lui nell’ultimo post, è stato ucciso nel quartiere di Liberdade circa dieci giorni fa’. Ha vissuto ed è morto come padre. Aveva saputo che il figlio tredicenne era entrato in un brutto giro, e che un signorotto della droga lo stava usando per i suoi traffici. Dopo aver parlato con figlio, il padre capì che uscire dal quel brutto giro non era semplice, e soprattutto che la volontà del figlio non bastava. Fu così che un giorno, circa dieci giorni fa’, E. si è fatto coraggio ed è andato dal signorotto, chiedendogli di lasciare in pace il figlio. In risposta ha ricevuto sei colpi di pistola. Era un buon padre e se n’è andato come il migliore.

In queste ultime settimane ci stiamo dedicando più del solito alla traduzione delle letterine che le famiglie delle adozioni mandano ai padrini italiani in occasione del Natale. Si trova un po’ di tutto, e ogni tanto servirebbe una perizia calligrafica, ma armati di pazienza si riesce nell’impresa.

In una botta di mondanità, venerdì scorso, siamo andati al cinema nel centro commerciale più “classe A” di Goiania. Abbiamo assistito a Thor 2. Diciamo che la complessità non esagerata dei dialoghi ha facilitato la mia piena comprensione della trama, che posso per voi qui riassumere: c’è un tizio biondo con un martello molto grosso, se un cattivo lo fa arrabbiare glielo da in testa e vince.

Per farvi vedere un piccolo ma intimo pezzo del mio mondo ho creato e pubblicato una sorta di video della mia camera: La Mia Camera Brasiliana
Grazie cari coinquilini che mi avete sopportato e supportato durante la creazione.

Essendo entrati nelle due settimane di Colonia de Ferias e nelle ultime due settimane di permanenza qui in Brasile il tempo libero è calato drasticamente, siamo sempre incasinati tra lavori e inviti vari, quindi questo potrebbe essere l’ultima o una delle ultime volte che vi scrivo. E si udì un boato dalla folla, formato dalle parole “finalmente”, “era ora” e “taci”.

Ci sarebbero tante altre cose da raccontare. Dovrei raccontarvi dei mille sorrisi che ho incontrato, di qualche pianto, di come fatico con il portoghese ma alla fine mi faccio sempre capire, del funky e del forrò, di partite a calcio, di famiglie più numerose della mia che vivono in una stanza, di Fabio che ormai è un cantante famoso, dei 4 accordi che ho imparato con la chitarra che suono tutto il giorno, del compleanno di Padre Corrado, di tantissimi ragazzi “custosos” (faticosi) e fantastici, di quanto sia incapace a disegnare, della luce marziana che avvolge tutto nell’ora del tramonto, di come sia probabilmente riuscito a sbagliare TUTTE le misure per le infradito che ho preso per la Giulia, della “saudade” brasiliana che accompagna sempre un sorriso ad una lacrima, dei “litrao” di birra, dei tanti discorsi con chi ha conosciuto Dani, della “comida” brasiliana che mi ha fatto ingrassare, delle ragazzine che mi chiedono se facciamo cambio di occhi, di tutti quelli che mi hanno detto che con i baffi stavo male, di tutti quelli che mi hanno mentito dicendomi che con i baffi stavo bene, delle volte in cui ho dovuto cucinare, di quando ho conosciuto Jefferson che è un menino de rua e sua figlia, di tutte queste e altre cose che però non ho il tempo di scrivere e vi racconterò a voce, annoiandovi come sempre, ma con classe.
 
 
 
 

martedì 3 dicembre 2013

Sapore di Cocco


Iniziamo con una buona notizia: il dentifricio che ho comprato NON è al cocco. Pensavo di non riuscire a trovare nulla che non ne contenesse almeno una minima parte. Finalmente!

Continuiamo con una cattiva notizia: il dentifricio che ho comprato NON è al cocco, ma fa ancora più schifo. Spero di non aver preso la pasta per dentiere.

Igiene orale a parte, dopo l’avventura in Mato Grosso abbiamo ripreso le solite attività durante la settimana: reforços, preparazione dello spettacolo teatrale, visite alle famiglie delle adozioni, chitarra (credo di aver imparato un’altra scala, ma non mi ricordo il nome, queste maledette note hanno tutte nomi simili). Inoltre stiamo iniziando a preparare le due settimane di Colonias de Ferias che faremo a Dicembre, appena i ragazzi finiscono la scuola. Tema: Peter Pan. Per farci venire qualche spunto guardiamo il cartone della Disney, di cui non ricordo molto a eccezione del coccodrillo e che non mi era mai piaciuto, senza sapere bene perché. Capisco subito perché non mi era piaciuto: il protagonista mi sta tremendamente sulle balle. Ma riscopro un valore che da piccolo non avevo colto: un sacco di personaggi, tra cui Capitan Giacomo Uncino, hanno i baffi. Long live Movember.

A proposito. Il Movember è finito. La mattina del 1 Dicembre i miei baffi sono andati in letargo, ma torneranno puntuali il prossimo 1 Novembre. In questa edizione la mia squadra (http://moteam.co/the-sunday-s-mo-cultural-circol) ha raccolto la bellezza di £20, circa €30. Grazie a chi ha donato.

Jardim dal Oliveiras, il nostro quartiere, fa parte della periferia più lontana di Goiania. E mi hanno detto che lo stato del Goias, di cui Goiania è la capitale, è lo stato con il più alto numero di omicidi del Brasile. In effetti, solo nell’ultima settimana, ce ne sono stati due qui vicino. Uno a Liberdade, un quartiere vicino in cui andiamo a piedi tutti i mercoledì per il reforço. Hanno ucciso un padre e marito, probabilmente per un debito o una questione di droga, le due cause più frequenti. L’altro proprio qui vicino, in un bar. Il barista, detto “il cabeludo”, per non avere problemi ha spostato il cadavere fuori dal locale prima di chiamare la polizia. Insieme a violenza e droga, la terza piaga di queste periferie è l’alcolismo. E noto una cosa: nessuno lo nasconde. Trattano l’alcolismo come una malattia, non come una colpa dell’alcolizzato. Dicono “mio fratello è alcolista” esattamente come dicono “mio fratello ha un tumore”. Manca quell’accezione negativa nostra, o meglio manca l’accusa intrinseca all’alcolizzato, colpevole di volerlo essere.

Camminando per la strada mi capita di assistere a un esorcismo. Accade in una delle decine di chiese evangeliche sparse per il quartiere. Non sembrano delle vere chiese, assomigliano più a dei negozi. Sono dei piccoli saloni o stanze aperti/e verso la strada, con un’insegna che indica a quale chiesa evangelica si fa parte (“Santa Chiesa di Dio”, “Chiesa di Gesù nel Mondo”, “Assemblea di Dio”, “Chiesa Evangelica Universale”, Chiesa Evangelica Gesù ti Ama”, etc etc), pieni di sedie e una postazione con microfono o addirittura un palco in fondo. Si calcola che di queste chiese/movimenti ne nasca una ogni due giorni. Basta un pastore (non un prete o un sacerdote, un pastore, quindi potrei aprirne una io domani se volessi) che affitti un locale e inizi a predicare. E ovviamente a richiedere il “dizimo”, la decima parte di tutto ciò che un fedele guadagna che deve donare alla chiesa. Comunque, passo davanti a una di queste robe e vedo uno scalmanato che si dimena e grida, tenuto seduto a forza da un tipo vestito bene, mentre il pastore di turno, con una bibbia in mano e una mano sulla fronte dell’indemoniato urla preghiere e affini. La scena dura un po’, io evidentemente mi stufo prima del demone infestante e proseguo per la mia strada.

Con Paolo e con Fabio ho partecipato a due degli incontri mensili in cui vengono consegnate le ceste basiche alle famiglie delle adozioni. Essendo divisi per quartieri (ogni giorno per una settimana al mese viene fatto un incontro in un quartiere diverso) i gruppi di genitori risultano essere di 20/25 persone. Ad Ottobre avevo partecipato ad un altro di questi incontri, per un totale di tre, ognuno in un quartiere diverso e quindi con persone diverse. L’incontro funziona così: “palestra”, ovvero formazione, su qualunque tema che si pensi possa essere utile a queste famiglie, di circa 30/40 minuti, poi eventuali avvisi o richieste e infine consegna delle ceste. Il tutto in un clima sicuramente particolare, ma spesso più gioioso di come mi sarei aspettato, almeno a prima vista.

La cesta, di cui vi ho già elencato il contenuto, non è esattamente leggera. Sicuramente più di 10 Kg. Ebbene, su tre incontri, ovvero circa 60/70 persone, hanno partecipato tre uomini. A questi tre si aggiungono altri forse dieci che non hanno partecipato all’incontro, mandandoci la moglie, ma almeno si sono fatti trovare all’uscita per portare la cesta a casa. Ma in molti casi il marito/compagno di turno è a casa bello comodo.

Vi racconto il caso più eclatante. Giovane donna, alta, magrissima, in cinta di 9 mesi, una pancia immensa su un corpicino esile e snello, sola. Si vede che camminare, sedersi e alzarsi, insomma muoversi, le costa fatica. A fine riunione ci informiamo e scopriamo che pensava di andare a casa a piedi. Abita a almeno un paio di chilometri, proprio nell’unico punto scosceso del quartiere, con 2 strade piuttosto ripide. Ci offriamo di darle un passaggio con la macchina e lei accetta di buon grado. Arriviamo a casa, scarichiamo lei e la cesta e Paolo saluta il marito che era seduto davanti a casa a bersi una birra con gli amici. In effetti l’orario era perfetto, con il sole che tramontava e spargeva una luce meravigliosa, accompagnata da una piacevole brezza. Mica scemo. Magari un filino stronzo si, ma scemo no. Io e Paolo ripartiamo, allibiti, io soprattutto, meno abituato di lui a questo popolo dai comportamenti così contraddittori.

Ma diceva qualcuno una volta, sicuramente con parole più belle delle mie: di una persona non si può prendere ciò che piace e lasciare il resto, sputando il nocciolo come se fosse un’oliva, ma bisogna prendere tutto, pregi e difetti. Lo stesso vale per un popolo, per un paese. Di questo non voglio sputare nulla, neanche quando in bocca mi esplode un sapore pungente e amaro. O ancora peggio, di cocco.

 
Anche la foto simboleggia bene le due facce di questo paese. Clesio e Kesley, fratello e sorella, vengono a uno dei reforços e partecipano al programma delle adozioni a distanza. Mentre Kesley affettuosamente mi manda un cuore, Clesio mi manda coraggiosamente a f*****o.  Due bei tipi.


martedì 26 novembre 2013

Mato Grosso - Parte Seconda: Fiumi, foreste e pianure

Racconto breve sull'origine del nome:
Volevano chiamarlo Mato, in origine. Solo Mato, che significa foresta. Poi qualcuno ha avuto la brillante idea di misurarlo. A metà neanche, stanchissimo, quel qualcuno si fermò e disse: facciamo così, diciamo che è grosso e chiudiamola qui. Il personaggio Novecento di Baricco avrebbe aggiunto anche "in culo le misure!" ma non potrei mai scrivere una volgarità simile sul mio blog.

La cosa interessante è che se gli Xavantes avessero mai pensato di misurare la loro regione, sarebbe veramente andata a finire così, perché usano i numeri solo fino al 10. Dal numero 11 in poi dicono "molti". Appena l'ho saputo mi sono venuti in mente Aldo, Giovanni e Giacomo quando fanno il vocabolario sardo. Geniali.

Giorno 2 - Sabato

Finita l'esperienza con gli indios, dopo pranzo, ci spostiamo dall'aldeia verso Novo Sao Joaquem, una cittadina a circa 90 Km di distanza. Viaggiamo con il solito pulmino, e con noi vengono anche tre ragazzi del villaggio.
Durante il viaggio vedo: un aquila, una piccola anconda, due bellissimi pappagalli e un armadillo.
Arrivati a destinazione visitiamo la chacara in cui l'Operazione Mato Grosso svolge attività di oratorio e di collegio con anche ragazzi Xavante. L'obiettivo è quello di preparare questi ragazzi al mondo che li sta assorbendo, senza però perdere la propria identità e le proprie tradizioni.
Oggi e domani è la festa dei ragazzi dell'oratorio, a cui partecipano circa 80 dei 120 totali. Ceniamo con loro, guardiamo lo spettacolo teatrale che hanno preparato, aiutiamo a lavare i piatti e poi torniamo verso le nostre stanza. Siamo in stanza con Tobia, un ragazzo di Vicenza di 26 anni che sta finendo il suo servizio di sei mesi, che ci racconta un po' come funzionano le cose da quelle parti.
Sempre per il sentirsi figo, scrivo queste righe sulla mia Moleskine mentre sono su un'amaca, sotto un portico, di sera e con la luna piena, con davanti a me il verde della foresta.
Dimenticavo: prima di cena ho visto un formichiere.

Giorno 3 - Domenica

La festa dell'oratorio procede, al mattino grandi giochi a squadre con premi finali, poi pranzo tutti insieme e saluti. I ragazzi vengono accompagnati a casa con gli scuolabus. Un gruppo di ragazzi abita piuttosto lontano, a circa 25 Km (ovviamente tutta strada sterrata), in un paesino che sorge vicino a un fiume abbastanza bello. Tobia e uno degli altri educatori ci chiedono se abbiamo voglia di andare anche noi, si potrebbe anche fare il bagno in fiume. Ovviamente andiamo.
Essendo il gruppo piccolo e tutti gli altri pulmini occupati si va con il pick-up. Tre posti davanti e gli altri nel cassone a prendere l'aria in faccia. Il viaggio dura una mezz'ora abbondante, ma è talmente divertente che il tempo vola. Per diverse volte saliamo e poi scendiamo, cambiando "valle", e ogni volta che si è nel punto più in alto si vede l'immensità del mondo. Spazi immensi, a perdita d'occhio. Provo a fare qualche foto, ma mi accorgo subito che non riuscirò a rendere l'idea di quanto ci si senta un granello di sabbia di fronte a quelle visioni.
Arrivati al paese lasciamo giù i ragazzi (alcuni ci raggiungeranno al fiume) e ci dirigiamo verso l'acqua. Prima, mentre parcheggiamo e salutiamo una famiglia, assaggiamo finalmente una Jaca, un frutto enorme, esternamente verde a puntini e ruvido. La gente cerca di non passare mai sotto un albero di Jaca, si dice che ricevere un frutto in testa non sia piacevole.
Mi informo riguardo al nome del fiume. "Rio das Mortes", il fiume delle morti. Chiedo perché si chiami così. Semplice, ci muore un sacco di gente.
Ma noi non avremo problemi, il nome si riferisce al periodo Gennaio/Febbraio, quando dopo mesi di piogge il fiume si ingrossa e crea correnti fortissime, molto pericolose. Noi ne conosceremo solo la versione mansueta del Rio.
Già pronto con il mio costume slip della Turbo nero con un teschio sulla chiappa destra, mi tuffo eroicamente nel Fiume delle Morti (apprezzabile la ricerca della completezza in questo nome, volevano chiarire che non si muore solo in un modo). Vivo, in barba alla nomenclatura iettatrice.
L'acqua è addirittura calda.
Al ritorno la famiglia che abbiamo salutato in precedenza ci offre una sostanziosa merenda, ci abbuffiamo e ringraziamo. L'accoglienza di queste persone è sempre esagerata.
Viaggio di ritorno ancora più bello che all'andata grazie al tramonto in atto.
Arriviamo a casa, birretta obbligatoria con Tobia, doccia e cena con i ragazzi Xavante, gli unici rimasti lì (per loro funziona come collegio), una ventina circa. Ragazzi davvero speciali, genuini, ancora capaci di divertirsi per le piccole cose, felici solo per il fatto di stare insieme. Ho provato a dirgli che tra qualche giorno in Italia esce la Play Station 4, ma chissà come mai non li ho visti molto scossi dalla notizia.
Me ne vado a letto distrutto, ma felicemente consapevole di aver vissuto una di quelle giornate indimenticabili.

Giorno 4 - Lunedì

Sveglia alle 4, primo viaggio in pullman di due ore su strada sterrata, al buio, in piedi perché i posti a sedere erano finiti, con l'aria condizionata sparata sulla cervicale. Altro pullman per le successive sette ore di viaggio con posto a sedere, credo di avere dormito almeno 6 ore e 58 minuti.
Questo giorno posso dimenticarlo senza problemi.

Fine

P.s.
Mentre scrivo questo post, Paolo mi chiama e mi chiede se ho il pc acceso e se gli posso passare delle foto che ho fatto i giorni scorsi. Gli rispondo di si, che ho già il pc acceso perché ci sto lavorando. E Corrado dall'altra stanza grida: "LAVORANDO!", come per dire "si certo, come no". Per me è bello sentirsi così apprezzato.




venerdì 22 novembre 2013

Mato Grosso - Parte Prima: Anaconde e Moleskine

Giovedì sera io, Fabio e la Silvia siamo partiti da Goiania per andare in Mato Grosso e siamo tornati lunedì sera. Durante questi giorni, per la prima volta, ho tenuto una specie di diario. La realtà in cui ero immerso era talmente particolare da invogliarmi a scrivere fatti, luoghi, persone e sensazioni. Questa cosa non sarebbe stata possibile senza il Ross, che pochi giorni prima che io partissi mi ha salutato regalandomi inoltre una leggendaria Moleskine. Beh, ci sono poche cose che ti fanno sentire veramente figo come scrivere sulla tua Molskine al chiaro di luna in un villaggio Xavante.
Grazie Ross.

Giorno 1 - Venerdì

In Brasile praticamente non esistono treni. Sembra che l'industria automobilistica (Wolksvagen in testa) abbia lavorato parecchio affinché ciò accadesse. E così per andare in Mato Grosso si prende il pulman. Viaggio lungo, circa 12 h, ma comodo. Partenza alle 22.40 di ieri sera e arrivo in mattinata. Ad attenderci alla "rodoviaria" (le grandi stazioni per pulman) c'erano Van Der Lei, responsabile dell'Operazione Mato Grosso in quelle zone, e il suo pulmino da 25 posti. In un'altra mezz'ora arriviamo a Santa Clara, una "aldeia" (villaggio) degli indios Xavantes. Gli Xavantes sono il gruppo indios più grande rimasto, con circa 15000 individui.
Ma prima di arrivare al villaggio non dimentichiamoci della "frontiera": un indios in bicicletta con un machete appeso alla cintola. Per fortuna non mi ha timbrato il passaporto.
Questa aldeia conta circa 200 persone, tra cui tantissimi bambini, quasi 80. Imparo che un villaggio è sempre diviso in due clan e che i matrimoni sono obbligatoriamente misti tra essi.
Inoltre, sempre i matrimoni, vengono decisi dai genitori quando i figli futuri sposi sono ancora piccoli.
Il villaggio è formato da diverse capanne di forma circolare, una scuola, una cappella e alcuni edifici comuni che vengono utilizzati in caso di feste o ricorrenze particolari. Al centro c'è un grosso spiazzo vuoto, la "piazza".
Il pomeriggio lo passiamo visitando un'altra aldeia vicina, molto simile. Facciamo il giro delle capanne e conosciamo un po' di persone. Ascolto attentamente la loro lingua, affascinante. Suoni che mi ricordano i nativi d'america nel film "Balla coi Lupi", e io sono Kevin Costner che si rende ridicolo usando strani gesti per comunicare.
Torniamo a Santa Clara, il sole tramonta, e ci dirigiamo verso il centro del villaggio. Come tutte le sere gli uomini si radunano nella piazza per parlare, mentre le donne devono rimanere in casa. Si parla di tutto, e se ci sono decisioni da prendere si discute: partecipa anche il capo villaggio, ma è tutto il consiglio che decide. Molti si portano una sedia, un salviettone, la pipa. E' un momento di relax. Toglie un po' di magia ma per dovere di cronaca va detto: è una sinfonia di sputi.
A "riunione" in corso veniamo presentati io e Fabio (la Silvia è dovuta rimanere nella capanna). Il mi nome suscita grande ilarità e ognuno dei partecipanti lo storpia a suo modo. La prossima volta dirò di chiamarmi Mario.
Poi succede una cosa strana. Uno degli anziani saggi mi chiama e mi chiede chi è il mio capo in Italia. Non gli so rispondere e gli chiedo perché vuole saperlo. Lui dice che parlerà con il mio capo per convincerlo a farmi tornare in Brasile nei prossimi anni. A quel punto, seppur pieno di altri interrogativi, non ho dubbi. Il vecchio deve parlare con la Giulia. Auguri vivissimi.
A fine giornata, dopo la cena, ci raccontano che, mentre eravamo nell'altro villaggio, un ragazzo facendo il bagno nel fiume ha trovato un cucciolo di anaconda. Un cucciolo di 2 metri. E ovviamente l'ha ucciso. L'ha ucciso anche perché da queste parti raccontano una storia. Una volta un uomo si è imbattuto in un cucciolo di Anaconda, lo ha affrontato ma senza ucciderlo e poi se n'è andato per la sua strada. Il cucciolo, ferito, è guarito e cresciuto, diventando lungo 12 metri. E per diversi anni ha aspettato in quello stesso punto l'uomo. Qualche anno dopo lo stesso uomo è veramente ripassato di lì. E l'anaconda ha fatto la pappa.
Una volta controllato che in camera non ci fossero troppe tarantole, tutti a nanna.

Giorno 2 - Sabato

A colazione proviamo il miele di canna da zucchero, il "Melado". Poi lo stesso anziano della sera prima mi saluta e mi fa un braccialetto. Ce l'hanno tutti gli uomini del villaggio, anche se molti lo portano solo nelle occasioni speciali. E' un simbolo di amicizia e di appartenenza, ma può mostrare anche se sei sposato (è più stretto) o se sei una persona importante (è più spesso).
Facciamo alcune attività con i bambini, una mandria di cui la Silvia si impossessa velocemente, e tutti a pendere dalle sue labbra. Ci da una mano anche Meissias, un ragazzo Xavante di 19 anni. Pettinatura tipica (caschetto di capelli nerissimi lasciati lunghi dietro la testa) e fisico tipico (basso, ma con le spalle larghe e un tronco muscoloso, segno che la selezione naturale e i 300 anni di schiavitù hanno funzionato a meraviglia). Ci sarebbe da mettere su una scuola di rugby. E invece ovviamente esiste un campionato di calcio Xavante.
Con i bambini, prima della merenda, bagno in fiume, con gli occhi aperti vista la storiella di ieri sera.
Manca ancora un'ora al pranzo e allora facciamo il giro del villaggio con Van Der Lei, che parla bene la loro lingua.
Sembra che le foto disturbino un po', e soprattutto non mi trovo a mio agio a farne stando lì così poco tempo, senza prima poter conoscere adeguatamente le persone. E così la mia reflex se ne sta a cuccia. Sigh.
Conosciamo la signora più anziana del villaggio:107 anni. E una scena particolare, a cui qualche anno fa non avremmo assistito. La signora è a letto, non è in formissima, e così, cosa abbastanza rara, entriamo nella capanna. Mentre ci presentiamo arrivano un po' tutti i presenti. Tutti tranne uno, di spalle, che non si volta nemmeno. E' seduto per terra, concentratissimo, occhi fissi, indifferente al mondo intorno a lui. Sta guardando Kung Fu Panda, un cartone animato della Disney, sulla televisione.
Da qualche anno è arrivata l'elettricità all'aldeia, e con essa le televisioni. Capanne semplici, a volte verrebbe da dire misere, con magari letti di paglia, ma con la televisione. E mi vengono in mente, su tutti, Pier Paolo Pasolini e Dylan Dog. Me li immagino inveire contro la scatola magica. Che grandi.
L'uomo più anziano del villaggio di anni ne ha "solo" 93, è in carrozzella dopo un ictus ma con la testa è più in forma di me.
Pranzo, saluti e spostamento a Novo Sao Joaquem, che però non è una aldieia ma un paesino. Fine dell'immersione nel mondo indios.
Un mondo incredibile, non valutabile con i nostri parametri, antico ma non arretrato. Che sta correndo un grande rischio, perché l'altro mondo, il nostro, gli sta arrivando in faccia con una violenza a cui non sono preparati. Si trovano in bilico tra una chiusura che significherebbe inesorabilmente spegnersi e un'apertura che rischia di cancellare la loro identità.

Mato Grosso - Fine della prima puntata

Adesso carosello e tutti nanna.

"Non è vero che tutto fa brodo! E' Lombardi il vero buon brodo!"

Si lo so, sono anziano dentro.

giovedì 14 novembre 2013

Volare

Sovvertendo il pronostico la Fiat Mille modello brasiliano di Corrado è riuscita a portarci a Brasilia. Sono solo poco più di 200 i Km che separano Goiania da Brasilia, ma una vera e propria autostrada non esiste o comunque è piena di buche, dossi e saliscendi. Morale, velocità media intorno ai 70 km/h. E poi il traffico, che avvicinandosi alla capitale brasiliana aumenta fino a diventare quasi blocco totale.
Eh si che non era così che doveva andare.
Brasilia era stata pensata per essere una delle città più vivibili al mondo. Pensata e progettata a tavolino e costruita in tempo di record, dal 1956 al 1960, quando divenne ufficialmente capitale del Brasile.
Nei fatti si sta rivelando molto lontana da quella città a misura d'uomo che doveva essere. Il progetto iniziale è chiamato "plano piloto", e visto dall'alto ricorda la forma di un aereo. Nella fusoliera si trovano tutti gli edifici governativi, mentre nelle ali ci sono i condomini, la zona alberghiera, la zona ospedaliera e altre. Tutto è diviso in zone. Alla fine della fusoliera vi è un lago, enorme ma artificiale. Le case, spesso delle vere e proprie ville, che danno sul lago appartengono ovviamente ai più ricchi, soprattutto politici e ambasciatori.
E' una città strana Brasilia e un mondo a sé. Brasilia non è Brasile. Si tratta di una immensa macchina amministrativa, creata dal nulla e ancora incapace di possedere una propria identità.
Forse l'unica cosa in comune tra la capitale e il proprio paese è la presenza di contraddizioni.
Un esempio sono i mezzi pubblici. Ci si aspetterebbe che in una città moderna, nata prima sulla carta che sulla terra, i mezzi pubblici siano impeccabili. E invece sono pessimi, addirittura non è stata pensata una metropolitana, che sarebbe perfetta data la pianta a croce della città. Con due linee di metro si coprirebbe tutta la città rapidamente. Ma niente, si è costretti a prendere la macchina e a perdersi nelle mille strade che non portano mai dalla parte giusta.
E poi è tutto gigante. Avevano spazio e hanno pensato di usarlo tutto.
Andate a vedere Brasilia, e perdetevi anche voi nel cemento. A Niemeyer e a Le Corbusier piaceva così.

Finalmente ho beccato il geco. Entro in stanza, accendo la luce e lui stava là, in mezzo alla parete bianca di fronte a me. E a differenza dei nostri precedenti incontri era lontano da nascondigli comodi. Ma un mio movimento troppo brusco l'avrebbe comunque fatto precipitare verso la finestra o sotto il letto. Così è iniziato il duello. Nel profondo della mia mente è partito il carillon di "Per qualche dollaro in più". Avete presente? Il film è di Sergio Leone e la colonna sonora è di Ennio Morricone. E' la scena finale del film, Gian Maria Volonté contro Lee Van Cleef, con Clint Eastwood che in questo duello ricopre il ruolo del giudice, senza quasi intervenire. E allora con questa musica di sottofondo la mia mano scivola leggera verso la mensola dove tengo la macchina fotografica, con gli occhi del geco che seguono il mio movimento. Presa. Ma è senza scheda di memoria, ancora nel pc, appoggiato sul letto e troppo vicino all'avversario. Maledizione. Scheda di riserva, cassetto basso dell'armadio dietro di me. Con movenze decise ma tranquille e precisione chirurgica sfilo la scheda dalla custodia con la mano destra mentre la sinistra regge la macchina e apre lo sportellino, infilo rapidamente la scheda e spingo con il pollice destro mentre l'indice della stessa mano accende la macchina, la sinistra stringe l'obiettivo pronta a zoomare, il mignolo destro chiude lo sportellino della scheda e l'indice si sposta sul tasto dell'otturatore, metto a fuoco e...........ZAK! PRESO IL MALEDETTO! AHAH!
Il concorso fotografico National Geographic mi aspetta. Figurati se qualcuno aveva già fotografato un geco.

Ho scoperto una cosa: per dire che qualcosa è "tarocco" in Brasile dicono che è Paraguaiano, dove tutto costa meno (e spesso è effettivamente contraffatto), al punto che per acquistare alcuni beni si recano fino in Paraguay. A questo punto devo assolutamente vedere il Paraguay.

Forse sarebbe meglio se Goiania non avesse un aeroporto. E poi proprio nella direzione di Jardim das Oliveiras. Diverse volte al giorno le persone che abitano qui sentono gli aerei passare sopra le loro teste.
Io, quando vedo un aereo, inizio a fantasticare. Chi ci sarà sopra? Dove staranno andando? E chissà che avventure stanno iniziando con quel viaggio in aereo.
Ma molte di quelle teste non prenderanno mai un aereo, con quello che costa. Nessun viaggio, nessuna avventura. Solo una quotidianità fatta di sacrifici, di piccoli sogni che qui a Jardim volano bassi, molto bassi, perché in alto volano già gli aerei.

Chiudo anticipando che venerdì, sabato e domenica li passerò in Mato Grosso, in una "aldeia" degli indios Xavantes. Poi vi racconterò.

lunedì 11 novembre 2013

Havaianas

Non esistono gli scaldabagni da queste parti. Per avere l'acqua calda nella doccia, chi se lo può permettere ha un apparecchio situato appena prima del doccino che è collegato alla presa elettrica e tramite una resistenza scalda l'acqua nel momento stesso in cui passa. Questa specie di forno elettrico si trova esattamente sopra la mia testa mentre mi lavo, tipo spada di Damocle, e ha una potenza esagerata, da un minimo di 4700 W ad un massimo di 8000 W. Funziona che è una meraviglia. Peccato che gli impanti elettrici brasiliani, spiccando sicuramente per fantasia e ingegno, lascino talvolta un po' a desiderare per quanto riguarda il corretto funzionamento. Morale, mentre mi faccio la doccia sento odore di bruciato, guardo su e c'è la presa che fuma. Spengo tutto, finisco di sciacquarmi i capelli nel lavandino, mi asciugo e spiego tutto a Padre Corrado.
Io: Corrado guarda, dopo pochi minuti la presa inizia a fumare, si riesce a fare solo una doccia molto veloce.
Lui: Fantastico, bisognerebbe capire qual'è il problema e sabotare anche le altre docce di casa, così risparmio.

I reforços vanno bene, in alcuni ci sono anche alcuni bambini nuovi. Mi stupisce sempre vedere come la pioggia paralizzi tutto o quasi. Se piove forte, cosa non difficile in questa stagione, se ne stanno tutti a casa da scuola. E quindi anche dal reforço.

Oggi il senso della globalizzazione sta tutta nei miei piedi. O meglio nelle mie infradito. Le ho comprate qui uno dei primi giorni, e sono di una marca brasiliana molto nota anche in Italia, di cui ovviamente non farò il nome per motivi di par condicio (Havaianas). Prima di partire ricordo che in un noto supermercato italiano, di cui ovviamente non farò il nome per i motivi sopra citati (Coop), veniva proposta la stessa marca in offerta, dal momento che l'estate era finita, a 23 Euro. Il prezzo pieno non lo conosco, ma se il mio leggendario acume non mi tradisce devo presumere che fosse almeno di 25/30 Euro. Faccio notare che stiamo parlando di ciabatte di gomma. Qui il prezzo si aggira tra i 3,5 e i 7 Euro. Le stesse, identiche. Evidentemente il viaggio in nave gli conferisce una stagionatura unica che motiva il prezzo maggiorato. Altrimenti c'é qualcosa che non mi garba.

Giá che parliamo di piedi termino l'argomento con le "Lava Pè". Questo é il nome di un tipo di formica molto particolare. Queste formiche costruiscono il loro formicaio tra l'erba alta almeno 10 cm in modo che non si veda. Ma se per caso finisci da quelle parti te ne accorgi alla svelta e puntualmente finisci per lavarti i piedi, come suggerisce il nome. Infatti, se disturbate, le formiche si arrampicano a decine e molto rapidamente su per i fili d'erba, salgono sul piede del malcapitato e utilizzano quel simpatico pungiglione che madre natura gli ha donato. Sono un incrocio tra un ninja e un kamikaze. Per un essere umano è un po' come finire nelle ortiche. Molte ortiche. Fidatevi di uno che ha provato. Tutta colpa di Paolo.

Ah, sono stato a Brasilia, ma quella giornata merita un post tutto per sé!

Riflettendo con Fabio e la Silvia alle 2 di notte mi sono accorto che le giornate più belle sono quelle in cui riesco meglio a comunicare con i ragazzi. Soprattutto con il gruppo degli adolescenti, che sono i più complicati da capire perché iniziano ad avere un lessico abbastanza vario e completo ma allo stesso tempo usano molte "girias" (slang brasiliano) e parlano molto veloce, mangiandosi le parole.

Weekend bellissimo. Sabato mattina avevamo deciso di riposare, ma l'abitudine mi ha fatto svegliare appena prima delle 8 e così sono andato con Paolo a visitare diverse famiglie. Vi riassumo la situazione di una di queste per darvi un'idea: madre con 7 figli, il padre ha preso il largo già da tempo. La più grande, che chiameremo Dorota, è rimasta in cinta a 15 anni, forse anche 14. Al ragazzotto padre del bambino non interessa, così lo alleva da sola. Va a scuola alla sera in modo da poter lasciare il figlio alla madre che lavora tutto il giorno ma la sera è a casa. Dorota per un po' di tempo è stata con un bravo ragazzo che la amava ed era disposto ad aiutarla nonostante il bambino non fosse suo. Ma ora Dorota lo ha lasciato e frequenta un altro ragazzo che io e Paolo abbiamo conosciuto. Dire che non ci ha fatto una buona impressione è il minimo. Gli altri 6 fratelli di Dorota coprono un po' tutte le età più basse. Una di queste è davvero sveglia, le ho fatto usare la mia macchina fotografica due minuti e ovviamente ha fatto delle foto migliori delle mie.
Sabato pomeriggio altra visita con anche Fabio, un salto al campo da calcio dove la squadra della parrocchia le stava prendendo di santa ragione, un giro al supermercato per pagare alcuni conti e poi Praça Creativa, la piazza principale del paese. Qui lo stato ha costruito alcune strutte pubbliche molto belle, e ne sta costruendo ancora. Soprattutto in certe ore la piazza è molto viva, con ragazzi che ballano la break dance, fanno skate, fanno il bagno in una fontana misteriosamente clorata, o semplicemente si sdraiano sull'erba. Dopo tutto questo finalmente le 19. Finalmente orario aperitivo. L'aperitivo è un concetto che manca da queste parti. Ma datemi tempo e vedrete. Intanto Paolo erano 6 anni che non ne faceva uno e si è scolato un "litrao" di birra.
Domenica invece mercatino "classe A" (di prima classe, ovvero da ricchi) a Goiania al mattino, pranzo domenicale a casa di Paolo e della Leide e gara di motocross al pomeriggio. Ma ahimè, la scritta "Rinaldi" che appariva ovunque non si riferiva all'ex campione del mondo ora team manager di Parma ma a una ditta brasiliana di pneumatici. Speravo di fare una bella rimpatriata ma nada. Con la Meri che dall'Italia mi risponde: guarda, non credo proprio si tratti di mio padre (Rinaldi) perché lo vedo in questo momento in giardino che scava con la sua ruspa. Tutto normale a casa Rinaldi.

E infine, questa "espertinha" (furbetta) qui sotto è Vitoria, 7 anni, che frequenta il reforço di Nova Morada. Fidatevi, farà della strada.



lunedì 4 novembre 2013

Il calcio è una cosa seria

Esattamente oggi è un mese che sono in Brasile. Mi stupisce che la notizia non sia passata sui notiziari.

Qui le giornate si allungano, l'estate avanza e si porta con se la stagione delle piogge. Ecco, non so voi, ma "piogge" è una di quelle parole che io preferisco controllare come si scrive. Ah ottimo, senza "i". Dicevo, stagione delle piogge: piove praticamente tutti i giorni. Però poco, raramente più di un'ora, a volte appena dieci minuti, e prima e dopo il sole splende felice. Morale: se volete vedere la vera stagione delle piogge fatevi Marzo a Parma, qui in Brasile è una pacchia.

I bigode (baffi) sono stati accolti con sostanziale indifferenza dalla popolazione locale. Tuttavia diversi bambini mi hanno accusato di avere dei baffi finti e hanno preteso di controllarne la veridicità. Non è stato piacevole.

I ritmi di lavoro iniziano a essermi famigliari. Il lunedì mattina, tutto mercoledì, tutto giovedì e venerdì mattina siamo impegnati con i reforcos con ragazzi dai 6 ai 12 anni circa. Si tratta di un doposcuola con i ragazzi che fanno più fatica o che hanno una situazione famigliare più problematica.
Ogni giorno un reforco diverso in un quartiere diverso, con tante facce che un po' alla volta riesco a abbinare al nome giusto. Ma i bambini sono gentili e se sbaglio nome fanno finta di niente.

Il martedì mattina andiamo con Paolo a visitare le famiglie che fanno parte del progetto di Caritas Children Onlus. I pomeriggi in cui non abbiamo i reforcos ci incontriamo con il gruppo dei ragazzi più grandi, il famigerato "Grupo dos educadores". Con loro stiamo portando avanti un'idea della Silvia, anche detta Duracell, di creare uno spettacolo teatrale.

Non dimentichiamo, il giovedì pomeriggio, la lezione di chitarra, a cui partecipo anche io. Ho imparato la scala di Do. Non sento gli applausi.

Ma ora veniamo alle cose importanti: ieri sono andato allo stadio. Goias contro Botafogo, quinta contro seconda. Noi eravamo in mezzo ai tifosi del Botafogo, squadra favorita. Ma dopo 90 minuti senza troppe emozioni, in pieno recupero, gol del Goias che conquista così la vittoria. I tifosi del Goias festeggiano, quelli del Botafogo si ammutoliscono e tutti si torna a casa. Nessun problema di ordine pubblico, nessun disordine. Almeno in apparenza.
In realtà qualcosa è successo.
La nostra compagnia era di otto persone: io, Fabio, la Silvia, Luca e quattro brasiliani. Joao, 50 anni circa, grande tifoso del Botafogo, è colui che ci ha invitato alla partita e che ci ha procurato i biglietti. Romualdo, 25 anni, figlio di una educatrice che conosciamo bene, tifoso molto tranquillo del Goias, lo abbiamo invitato noi perché avevamo un biglietto in più.
Romualdo e Joao si conoscono già molto bene e sono ottimi amici.
Per tutta la partita, in mezzo ai tifosi del Botafogo, Romualdo segue la partita in silenzio, scambiando solo ogni tanto due parole con me. Quando il suo Goias segna non esulta, si limita a sorridere in mezzo a una folla di delusi. E quando quasi tutti se ne sono andati sorride anche verso Joao dicendo "grazie Botafogo per questi 3 punti che ci hai regalato". Nulla di esagerato. Ma da quel momento Joao non gli parla più.
Il Brasile è allegria pura. Ma il calcio è una cosa seria.

Per la serie "Brasile e natura" quella qui sotto è una farfalla con un'apertura alare di 25 cm. Quando vola fa aria.

domenica 27 ottobre 2013

L'incontro

In poco più di mezz'ora, in autobus, arrivo a Goiania.

Goiania nacque in questi giorni dell'anno 1933, a tavolino, come Brasilia.
La giovane età e la vicinanza della capitale brasiliana (che attira maggiormente) non giovano sicuramente all'estetica della città.

Per un europeo è difficile concepire una città così grossa ma senza storia.

Ma è proprio qui che è avvenuto l'incontro.

Spensierato, me ne andavo a zonzo per le strade di questa strana città, gustandomi l'ananas fresco appena comprato per poche monete da uno dei tanti venditori ambulanti che affollano i marciapiedi.
La giornata era molto calda e l'ananas finì rapidamente.
Essendo io una persona di grande tempra morale necessitavo a quel punto dell'apposito cestino per buttare il contenitore di plastica e lo spiedino con cui infilzavo i succosi pezzi d'ananas e li portavo alla bocca.
Non ci sono molti cestini a Goiania.
Continuai con il mio vagare e dopo qualche minuto eccone uno. A venti metri da me, ore 2.
Sollevato, mi avvicino, osservando nel frattempo le bancarelle sul lato sinistro della strada, che vendono di tutto.
Solo all'ultimo momento, giusto per buttare il contenuto della mia mano, mi volto verso il cestino.
E mentre il bicchiere di plastica centra il bersaglio, lo incontro.
L'altro.
Esattamente come me avrà avuto caldo.
Esattamente come me stava cercando un cestino da un po' di tempo.
E felice come me, lo vede e gli si avvicina, ponendo la mano in avanti.
Uguali, sincronizzati, stessi gesti, ci incontriamo con le rispettive mani tese sopra il cestino. I nostri occhi si incontrano.
Ma la sua mano non lascia cadere nulla.
E mentre la mia mano si alza e torna dal proprio corpo, scappando dal cestino, la sua si immerge in esso.
Fruga, sposta, scava, trova, trae in salvo e ricomincia. A quanto pare due o tre cose utili le si trovano sempre in un cestino.

Io non ho mai dovuto cercarmi il futuro in un cestino. Il cestino per me è un sinonimo di passato. Lui deve farlo tutti i giorni. Perché lui e non io?

venerdì 25 ottobre 2013

Pubblicità Comparativa

Proprio oggi Apple da il via in Italia alla commercializzazione dell'iPhone 5S e dell'iPhone 5C.
L'iPhone è proprio figo. Ci stavo facendo un pensierino. Aiutatemi nella scelta.
Ecco le principali offerte:

3 ITALIA: 29€ al mese + 99€ di anticipo per 400 minuti, 100 sms e 2 Gb di internet
Vodafone: 20€ al mese + 99€ di anticipo senza nessuna promozione per chiamate, sms o internet
Tim: 30€ al mese + 99€ di anticipo con 100 minuti, 1000 sms e 1 Gb di internet
Wind: per ora non ha nessuna offerta al riguardo.

Media generale: 26,3€ + 99€ di anticipo in cambio di 166,6 minuti, 366,6 sms e 1 Gb di internet

Tuttavia nel mio armadio ho ancora una maglietta blu con disegnato un mappamondo, intorno al quale campeggia la scritta "Un altro mondo è possibile" in diverse lingue, tra cui il brasiliano.

Ecco quindi un'altra scelta possibile, sicuramente per me ma anche per tutti voi.

Caritas Children Onlus: 25€ al mese in cambio di una "Cesta Basica", che comprende:
  • Riso (5Kg)
  • Latte (2l)
  • Olio (2l)
  • Caffè (500g)
  • Biscotti (800g)
  • Estratto di pomodoro (250g)
  • Spaghetti (1Kg)
  • Farina di mais (500g)
  • Fagioli (1Kg)
  • Zucchero (2Kg)
Questa cesta viene a costare circa 17 euro, con i soldi che avanzano si crea e sostiene un fondo che si occupa di coprire le spese mediche, occhiali, documenti, materiale scolastico e in caso di estrema emergenza bollette o affitti.

Ma ovviamente queste cose non sono destinate a me, a voi o a chi ci mette i soldini. Questa cesta e questo fondo sono destinati alla famiglia del bambino che si decide di adottare qui in Brasile.
In cambio dei 25€ niente display retina di ultima generazione, ma sorrisi. Tanti sorrisi. E una letterina di ringraziamento ogni tanto.

In alto a destra, in questa pagina, c'è il link di Caritas Children Onlus. Made in Parma. Andate a curiosare. Un altro mondo è possibile.

P.s.
Chiedo scusa a tutti per l'ipocrisia galoppante di questo post.
L'iPhone è solo un esempio che mi è balzato in mente leggendo la notizia della sua commercializzazione oggi. Come se io non sprecassi soldi in boiate. Ho un fighissimo iPod touch, indispensabile per me come lo è un trapano pneumatico per un restauratore di orologi.
I soldi che uno guadagna è giusto che li usi a suo piacimento. Giustissimo.
Ma non è giusto che una famiglia non riesca a sopravvivere. Mai.




domenica 20 ottobre 2013

Come una cannuccia

Mail, Facebook, Twitter. Tantissimi di voi mi scrivono. Sono felicissimo, non potreste farmi un regalo più grande. Io purtroppo non ho tantissimo tempo e non riesco a rispondervi come meritereste. Chiedo umilmente venia.

Mentre invece oggi mi hanno chiesto umilmente vena.
Ovvero stamattina ho donato il sangue a Goiania. Buffa la vita.
Al riguardo permettetemi un francesismo: CAZZO CHE AGO!
Ci potevo bere un mojito.

Il motivo per cui l'ho fatto è che qui si va a chiamata in caso di bisogno anche per le donazioni del sangue. O meglio a chiamata parziale. Gli ospedali (quasi tutti privati) hanno delle piccole scorte, ma quando un paziente beneficia di queste scorte è tenuto a restituire il sangue utilizzato invitando amici e parenti ad andare a donare. Un sistema un po' strano per noi abituati all'AVIS, ma motivato da diversi fattori che hanno contribuito a creare una mentalità che, per ora, non concepisce la donazione senza un motivo preciso.

E come fare per riprendersi dopo aver perso 4 hg di sangue di primissima qualità? Una bella festa "all you can drink" e "all you can eat! in una "chacara", una villa enorme fuori città, in mezzo al verde (dicesi anche foresta) e con ingresso a invito. Ma si sa, noi abbiamo i mannelli.

La settimana è volata, tra rinforzi, gruppo educatori, anniversario di Dani, visite con Paolo e consegna delle ceste basiche alimentari. A queste belle cose di cui si occupa Paolo (ONG "Maos Pela Vida" e "Caritas Children Onlus") dedicherò tutto uno dei prossimi post che sto già preparando. Per ora vi dico solo che è tutto molto interessante.

Come descrivere il quartiere in cui mi trovo? O meglio, come farlo senza cadere involontariamente nella trappola dei pregiudizi che, essendo io qui da poco, inevitabilmente ancora guidano i miei occhi, filtrano i miei pensieri e sospingono le mie parole?
Ci proverò con una descrizione oggettiva di una delle vie principali:
chiesa evangelica, estetista, dentista, chiesa evangelica, negozio generico, parrucchiere, chiesa evangelica, dentista, gommista, estetista, chiesa evangelica, negozio generico, dentista, estetista, chiesa evangelica, piazza.
Tirerò le somme più avanti.
Ma una cosa sulle chiese evangeliche ve la anticipo: la decima (la donazione mensile o annuale di tutto quello che si guadagna alla chiesa a cui si appartiene) è assolutamente OBBLIGATORIA senza distinzioni di reddito.

DIARIO DELLA MIA CAMERETTA

Giorno 9
Annoto la scomparsa delle formiche. Peccato, stavo iniziando a farci amicizia.

Giorno 10
Ho capito perché sono scomparse le formiche. C'è uno scarafaggio grosso come il mio portafoglio.

Giorno 12
Lo scarafaggio è scomparso, ma ho subito individuato il responsabile. Il mio nuovo coinquilino è un fighissimo geco. Molto bello. Ma un po' inquietante. Soprattutto, è ovviamente più grosso dello scarafaggio. Iniziamo a stare stretti.

Giorno 14
Mondo ladro, non c'è più il geco. Se tanto mi da tanto c'è un orso nell'armadio.

mercoledì 16 ottobre 2013

Oggi, un anno fa'

Caro Dani,
mi manchi.

Quel martedì ho pianto molto. E così i giorni seguenti. Ho pensato che non era giusto. Non te. E ho continuato a piangere fino a svuotarmi.

Oggi sono nel tuo Brasile. Sono felice. Piango ancora sentendo la tua mancanza. Ma ti sento qui con me. Queste persone ti hanno amato e ti amano. Non si stancano mai di dirmelo.

Le persone sono felici nel ricordarti e nel condividere quei ricordi. Felicità vera perché condivisa.

Grazie di tutto. Sei il mio eroe.


Il tuo cuginastro

sabato 12 ottobre 2013

"La Scoperta"

In questo giorno del 1492 Cristoforo Colombo inciampò nelle Americhe.
Ecco come ne parla Eduardo Galeano.

"Nel 1492 gli indigeni scoprirono di essere indios,
scoprirono di vivere in America,
scoprirono di essere nudi,
scoprirono che esisteva il peccato,
scoprirono di dovere obbedienza a un re e a una regina di un altro mondo e a un dio dell'altro cielo,
e che quel dio aveva inventato la colpa e il vestito
e aveva ordinato che fosse bruciato vivo colui che avesse adorato il sole e la luna e la terra e la pioggia che la bagna."


Per fortuna la mia "scoperta" delle americhe è abbastanza diversa. Sarà che ho dimenticato il cavallo, il fucile e il cannone, ma non sto conquistando il Brasile. Il Brasile sta conquistando me.
O forse è la stessa cosa. Ho scoperto una cosa buffa e insieme interessante. Nella lingua maya non c'è gerarchia che separi il soggetto dall'oggetto. Io bevo l'acqua che mi beve e sono visto da tutto quel che vedo. Io conquisto il Brasile che mi conquista.

Tutti mi chiedono: "Voce esta o primo do Daniele?". Si, sono il cugino di Daniele. E seguono sorrisi, abbracci, addirittura ringraziamenti. Dani ha seminato davvero tanto.

Essendo una settimana che sono qui ho conosciuto più o meno tutti i gruppi con cui lavoreremo: i gruppi dei "reforces" (dopo scuola) e il gruppo degli educatori (i ragazzi più grandi). E non è davvero semplice lavorare con loro. Molti sono ragazzi che dietro hanno una situazione famigliare e/o personale di forte disagio, e le conseguenze sul carattere si vedono. E proprio per questo hanno molto bisogno di fare vita di gruppo, di avere regole, obiettivi, magari anche due sberle, sicuramente di un abbraccio e di una carezza. Sono fantastici. Sono genuini.

Purtroppo il buon Paolo mi sconsiglia di andare in giro sventolando la mia reflex a destra e a manca come sono solito fare all'estero. Qui la criminalità è piuttosto diffusa, e gli oggetti tecnologici costano tantissimo, addirittura più che in Italia. Una macchina come la mia può valere tre, quattro stipendi normali. Quindi sto rinunciando a molte foto. Ma qualcuna arriva, ho trovato un modo di occultare la mia macchina fotografica. Altro che Mister Q di 007.

FABIO
Maleducato come al solito non ho ancora presentato i miei compagni di avventura.
Fabio (di cui vi consiglio di leggere il blog, trovate il link in alto a destra) ha 24 anni e abita vicino a Chiavari. Ma non è questo che importa. E' importante dire che è simpatico, parla e capisce meglio di me il portoghese, canta benissimo, è paziente ma quando si incazza mi fa morire dal ridere, legge molto bene le situazioni e ha tanta voglia di fare. Ma la sensazione più grande che ho riguardo a lui è che sia un pozzo infinito. Credo che in questi tre mesi scoprirò ogni giorno qualcosa di lui. E non vedo l'ora. Oh, non diteglielo che poi si monta la testa!

Adesso vado a giocare a calcio con dei 15enni. Secondo una prima stima ho calcolato che qui me la posso giocare finchè i miei avversari hanno 12/13 anni. Vedremo. Vamos a experimentar.

Ciao. Che qui invece si dice...ciao.

P.s.
Grazie ad Albu per il libro che mi ha regalato prima che io partissi. Non me l'aspettavo, è stato un gesto davvero bello. Ed il libro "I figli dei giorni" da cui ho tratto il pezzo iniziale è davvero meraviglioso. Lo consiglio a tutti. Grazie Albu!

martedì 8 ottobre 2013

1650 Reais

Non riesco a capire se sono qui da 4 ore, da 4 giorni o da 4 mesi. Il tempo è volato. Eppure ho così tanto da raccontare e su cui riflettere. Per ora sto immagazzinando tutto in maniera abbastanza asettica, con così tanti stimoli serve del tempo per mettere ogni cosa al suo posto e formulare un pensiero al riguardo. Un giudizio. Giudicare. Non si dice spesso, sembra sempre una parola da schivare. Ma noi giudichiamo. E' una delle cose che ci distingue dagli animali. Non ci comportiamo solo per un mero istinto di sopravvivenza, ma giudichiamo. Dividiamo tra giusto e sbagliato. E tante sfumature di grigio in mezzo. Ma per me è ancora presto.

Bollettino Meteo: si sta da ufo! Mai troppo caldo, assolutamente mai freddo, spesso con una bella arietta che cancella l'umidità. E cosa più importante di tutte, che mi fa sentire tremendamente in colpa con tutti voi amici al nord dell'equatore...qui le giornate si stanno allungando! Ahahahah!

In camera mia avevo iniziato una personalissima battaglia contro le formiche rosse più grandi che abbia mai visto, ma siamo arrivati velocemente ad un armistizio. Infatti le suddette formichine sono ovunque finche la stanza è al buio e io sono fuori, appena rientro a accendo la luce spariscono, corrono velocemente verso le loro tane. Educatissime.

In questi giorni, e fino al prossimo weekend, è la festa della parrocchia davanti a casa. Tutte le sere si mangia tutti insieme in stile sagra. E il venerdì, sabato e domenica c'è la lotteria. Oltre alla lotteria "normale" ce n'è anche una versione molto più simpatica. Vediamo se mi riesce di spiegarla. Viene messo all'asta un biberon pieno di latte. Ma l'obiettivo non è comprarlo, ma obbligare un altro a berlo offrendo più di lui. Quindi, dopo vari tentativi di coinvolgere il malcapitato di turno, quando due stanno al gioco si inizia. "Offro 50 reais (circa 20 euro) perché Joao beva questo biberon davanti a tutti come un neonato!". E Joao ribatte: "Io ne offro 75 perché sia tu a berlo davanti a tutti!". E così via, fino a che uno dei due non cede. A quel punto la somma raggiunta va in beneficenza e il perdente deve bere dal biberon con tutti che lo prendono in giro e lo filmano. Sabato siamo arrivati a 1650 Reais. Direi che qui sono come me. Sensibili alle sfide.

Oltre al gruppo dei ragazzi più grandi (12-18 anni) che avevo già conosciuto nel weekend, da ieri mattina abbiamo iniziato i " rinforzi", ovvero il dopo scuola (che a volte è prima, perché alcuni vanno a scuola il pomeriggio e altri alla sera), con bambini più piccoli.

Stamattina andiamo con Paolo (di cui poi vi parlerò, come di tutti gli altri) nelle famiglie che ricevono gli aiuti (per maggiori informazioni cliccate sul link in alto a destra "caritas children onlus"). Poi vi dirò.

Grazie a tutti voi che mi avete scritto qui sul blog, su facebook o via mail. Mi fate stare bene.

Ah, ho visto una cicala enorme. Secondo me era cavalcabile.


venerdì 4 ottobre 2013

W l'umidité

In circa 24 ore si arriva comodamente dal mio divano di Parma al divano di Senador Canedo, Goiania.

24 ore divise in: auto fino a Malpensa, viaggio aereo di 12 ore fino a Sao Paulo, altro viaggio aereo fino a Goiania e poi auto fino a Senador Canedo.

Per ora tutto quello che posso dirvi è che il Brasile in questa stagione è rosso, verde e grigio. Poi si vedrà.

E sul muro di fronte alla mia finestra spicca la scritta: EXPLOSAO DA MODA! Calcas - Camisetas - Blusas - Bermudas. A partir da 4,99 rs. A 200 metris.

Circa 2,5€. Quasi quasi faccio un salto. Eh no però, 200 metri. Troppi. Riposino, in fondo qui sono le 14.20.

Boa noite.

giovedì 19 settembre 2013

"La felicità è vera solo se condivisa" D.G.

Tanti auguri Dani.

Tra poco andrò nel tuo Brasile.
Non vedo l'ora di incontrarti nelle persone che ti hanno conosciuto e amato.
Mi manchi.

"Voglio però ricordarti com'eri,
Pensare che ancora ridi.
Voglio pensare che ancora mi ascolti,
E che come allora sorridi,
E che come allora sorridi."

venerdì 6 settembre 2013

Preparativi

Non è il solito viaggetto in Europa di una settimana, tre mesi in Brasile necessitano dei preparativi un pochino più seri. E per uno abituato a fare la valigia la sera prima di partire si tratta di un trauma non indifferente.

In ordine assolutamente casuale abbiamo:
- vaccinazioni (anti epatite A, anti tifica, anti febbre gialla);
- certificato medico di buona salute psico-fisica richiesto dalla Caritas;
- kit del viaggiatore dell'USL specifico per il Brasile, per un totale di 18 tra farmaci e strumenti vari;
- passaporto, che per fortuna possedevo già, me la cavo comprando il bollo e facendolo vidimare in posta per renderlo valido per un anno;
- informarsi in banca se è come sarà possibile eseguire operazioni bancarie in Brasile;
- idem alla 3 per quanto riguarda il telefono;
- preparare la valigia vera e propria;
- tutte le cose che sicuramente riuscirò a dimenticare;

In poche parole non ho speranze di farcela. Se poi mi metto anche a scrivere un blog...

Nel prossimo post informazioni su dove vado, ma anche e soprattutto chi, quando, come e perché.