sabato 21 dicembre 2013

Passo e...


Domani alle ore 18.30 ho l’aereo da Goiania a Sao Paulo, e poi da Sao Paulo a Milano Malpensa, ora di arrivo stimata per le 13.10 di Lunedì. Ancora non me ne sono reso conto che sto per tornare. O forse ancora non mi sono reso conto di essere stato in Brasile per qualche mese. Se Lunedì mi svegliassi nel mio letto e qualcuno mi dicesse che è stato solo un sogno, probabilmente gli crederei.

“Cosa ti porti in Italia del Brasile?” mi chiedono tutti. Facile, le persone. L’accoglienza di questo popolo è fuori dal comune, ti senti subito a casa, in famiglia. Per questo andarsene è così difficile. In questi giorni di addii scopro cosa è la “saudade” brasiliana.

Ieri è finita la seconda e ultima settimana di Colonia de Ferias, che meglio non poteva andare. Abbiamo raggiunto picchi di 80 bambini, ed è andato tutto per il meglio grazie anche al Grupo dos Educadores (i “nostri” ragazzi più grandi) che ci ha aiutato moltissimo, prendendo spesso in mano le redini della situazione. La speranza è che anche senza di noi, ma soprattutto senza la Silvia, alcuni di loro portino avanti il gruppo e le attività.

Insieme al grest, le ultime due settimane sono state caratterizzate da molte feste di “despedida”, ovvero di saluti prima della nostra partenza. Saudade a frotte.

Vi ricordate delle Lava Pé di cui vi avevi già parlato? Quelle simpatiche formichine che come dei ninja-kamikaze si arrampicano in massa sui piedi e sulle gambe e poi mordono? Ebbene, qualche giorno fa ho pensato bene di salire a piedi pari su un loro formicaio. La mezzora successiva è stata la più brutta della mia vita.

Nonostante il grest siamo riusciti a fare qualche ultima visita nelle famiglie. Ad una di queste verrà presto consegnata una carrozzina elettrica, perché il figlio maggiore è disabile e la madre, che si occupa di lui, non ha più le energie per portarlo su è giù per il quartiere con la carrozzina normale, peraltro mezza scassata. Siamo poi andati a cercare una coppia che vive in una baracca in riva a un rigagnolo. Lui è un tipo a posto, mentre lei è schizofrenica, e fatica ad avere una vita normale. Vivono vicino al fiumiciattolo perché quello è il loro bagno.

Nel tornare da questa ultima visita la macchina non parte. A prima vista sembra sia ingolfata, Corrado dice che ogni tanto succede. Facendo gli uomini apriamo il cofano, e dentro di me penso che non servirà a nulla dal momento che non so distinguere il motore dalla ruota di scorta, ma l’orgoglio maschio richiede almeno un tentativo. Tento una classica frase ad effetto, del tipo “mannaggia, potrebbe essere lo spinterogeno!”, poi Corrado nota un tubo che sembra staccato. Lo infiliamo al suo presunto posto, proviamo a mettere in moto e il motore parte. Giuro, è la prima volta in vita mia che sollevare il cofano serve a qualcosa.

Sempre riguardo alla macchina, una vecchia Uno brasilian-style, annuncio con orgoglio che ho avuto il piacere di guidarla. Mi sembrava di essere tornato ai tempi della Panda. Ovviamente il tutto senza patente, altrimenti che gusto c’è?

Le tante feste di despedida sono occasioni in cui tanti mi parlano di Dani e mi chiedono di salutare la famiglia. Sempre con tanti sorrisi, perché Dani era sempre capace di farti sorridere.

Oggi in quartiere è arrivato Babbo Natale a consegnare i regali ai bambini. Ho chiesto a qualche bambino e pare sia proprio quello vero. Soprattutto per le famiglie più povere è un occasione speciale, mentre per il “prefeito” (sindaco) è l’occasione per raccogliere voti in vista delle elezioni del prossimo anno. E siccome il prefeito in persona ha partecipato alla consegna dei regali, svoltasi in un campo da calcio del quartiere, nei giorni precedenti hanno ripulito le strade adiacenti e passato della calce bianca sui marciapiedi per farli sembrare più nuovi. Solo che Paolo non lo sapeva e aveva lasciato la macchina parcheggiata davanti a casa:
 
 

martedì 10 dicembre 2013

C'era una volta un padre


In contemporanea con l’apertura della stagione alla Scala di Milano, che esordiva con “La Traviata”, i nostri ragazzi del “Grupo dos Educadores”, capitanati dalla Silvia, hanno messo in scena il loro spettacolo, intitolato “Jovens sonhando um mundo melhor” (Giovani che sognano un mondo migliore). Silvia regia e suggeritrice, Fabio scenografia, musica, luci e effetti speciali, il sottoscritto riprese video, fotografie e battimani. Un successone, pubblico numeroso e ragazzi davvero talentuosi.

Il calendario mi ricorda che ci stiamo inesorabilmente avvicinando al Natale, ma i 32° C di temperatura mi rendono alquanto difficile credergli. Mi schianterò contro la verità con il primo passo fuori dall’aereo a Milano.

Storia di un padre:
E. aveva 43 anni ed era padre e marito. Ma soprattutto padre. Aveva quattro figli, di cui una nel progetto delle adozioni a distanza. Vi ho già parlato di lui nell’ultimo post, è stato ucciso nel quartiere di Liberdade circa dieci giorni fa’. Ha vissuto ed è morto come padre. Aveva saputo che il figlio tredicenne era entrato in un brutto giro, e che un signorotto della droga lo stava usando per i suoi traffici. Dopo aver parlato con figlio, il padre capì che uscire dal quel brutto giro non era semplice, e soprattutto che la volontà del figlio non bastava. Fu così che un giorno, circa dieci giorni fa’, E. si è fatto coraggio ed è andato dal signorotto, chiedendogli di lasciare in pace il figlio. In risposta ha ricevuto sei colpi di pistola. Era un buon padre e se n’è andato come il migliore.

In queste ultime settimane ci stiamo dedicando più del solito alla traduzione delle letterine che le famiglie delle adozioni mandano ai padrini italiani in occasione del Natale. Si trova un po’ di tutto, e ogni tanto servirebbe una perizia calligrafica, ma armati di pazienza si riesce nell’impresa.

In una botta di mondanità, venerdì scorso, siamo andati al cinema nel centro commerciale più “classe A” di Goiania. Abbiamo assistito a Thor 2. Diciamo che la complessità non esagerata dei dialoghi ha facilitato la mia piena comprensione della trama, che posso per voi qui riassumere: c’è un tizio biondo con un martello molto grosso, se un cattivo lo fa arrabbiare glielo da in testa e vince.

Per farvi vedere un piccolo ma intimo pezzo del mio mondo ho creato e pubblicato una sorta di video della mia camera: La Mia Camera Brasiliana
Grazie cari coinquilini che mi avete sopportato e supportato durante la creazione.

Essendo entrati nelle due settimane di Colonia de Ferias e nelle ultime due settimane di permanenza qui in Brasile il tempo libero è calato drasticamente, siamo sempre incasinati tra lavori e inviti vari, quindi questo potrebbe essere l’ultima o una delle ultime volte che vi scrivo. E si udì un boato dalla folla, formato dalle parole “finalmente”, “era ora” e “taci”.

Ci sarebbero tante altre cose da raccontare. Dovrei raccontarvi dei mille sorrisi che ho incontrato, di qualche pianto, di come fatico con il portoghese ma alla fine mi faccio sempre capire, del funky e del forrò, di partite a calcio, di famiglie più numerose della mia che vivono in una stanza, di Fabio che ormai è un cantante famoso, dei 4 accordi che ho imparato con la chitarra che suono tutto il giorno, del compleanno di Padre Corrado, di tantissimi ragazzi “custosos” (faticosi) e fantastici, di quanto sia incapace a disegnare, della luce marziana che avvolge tutto nell’ora del tramonto, di come sia probabilmente riuscito a sbagliare TUTTE le misure per le infradito che ho preso per la Giulia, della “saudade” brasiliana che accompagna sempre un sorriso ad una lacrima, dei “litrao” di birra, dei tanti discorsi con chi ha conosciuto Dani, della “comida” brasiliana che mi ha fatto ingrassare, delle ragazzine che mi chiedono se facciamo cambio di occhi, di tutti quelli che mi hanno detto che con i baffi stavo male, di tutti quelli che mi hanno mentito dicendomi che con i baffi stavo bene, delle volte in cui ho dovuto cucinare, di quando ho conosciuto Jefferson che è un menino de rua e sua figlia, di tutte queste e altre cose che però non ho il tempo di scrivere e vi racconterò a voce, annoiandovi come sempre, ma con classe.
 
 
 
 

martedì 3 dicembre 2013

Sapore di Cocco


Iniziamo con una buona notizia: il dentifricio che ho comprato NON è al cocco. Pensavo di non riuscire a trovare nulla che non ne contenesse almeno una minima parte. Finalmente!

Continuiamo con una cattiva notizia: il dentifricio che ho comprato NON è al cocco, ma fa ancora più schifo. Spero di non aver preso la pasta per dentiere.

Igiene orale a parte, dopo l’avventura in Mato Grosso abbiamo ripreso le solite attività durante la settimana: reforços, preparazione dello spettacolo teatrale, visite alle famiglie delle adozioni, chitarra (credo di aver imparato un’altra scala, ma non mi ricordo il nome, queste maledette note hanno tutte nomi simili). Inoltre stiamo iniziando a preparare le due settimane di Colonias de Ferias che faremo a Dicembre, appena i ragazzi finiscono la scuola. Tema: Peter Pan. Per farci venire qualche spunto guardiamo il cartone della Disney, di cui non ricordo molto a eccezione del coccodrillo e che non mi era mai piaciuto, senza sapere bene perché. Capisco subito perché non mi era piaciuto: il protagonista mi sta tremendamente sulle balle. Ma riscopro un valore che da piccolo non avevo colto: un sacco di personaggi, tra cui Capitan Giacomo Uncino, hanno i baffi. Long live Movember.

A proposito. Il Movember è finito. La mattina del 1 Dicembre i miei baffi sono andati in letargo, ma torneranno puntuali il prossimo 1 Novembre. In questa edizione la mia squadra (http://moteam.co/the-sunday-s-mo-cultural-circol) ha raccolto la bellezza di £20, circa €30. Grazie a chi ha donato.

Jardim dal Oliveiras, il nostro quartiere, fa parte della periferia più lontana di Goiania. E mi hanno detto che lo stato del Goias, di cui Goiania è la capitale, è lo stato con il più alto numero di omicidi del Brasile. In effetti, solo nell’ultima settimana, ce ne sono stati due qui vicino. Uno a Liberdade, un quartiere vicino in cui andiamo a piedi tutti i mercoledì per il reforço. Hanno ucciso un padre e marito, probabilmente per un debito o una questione di droga, le due cause più frequenti. L’altro proprio qui vicino, in un bar. Il barista, detto “il cabeludo”, per non avere problemi ha spostato il cadavere fuori dal locale prima di chiamare la polizia. Insieme a violenza e droga, la terza piaga di queste periferie è l’alcolismo. E noto una cosa: nessuno lo nasconde. Trattano l’alcolismo come una malattia, non come una colpa dell’alcolizzato. Dicono “mio fratello è alcolista” esattamente come dicono “mio fratello ha un tumore”. Manca quell’accezione negativa nostra, o meglio manca l’accusa intrinseca all’alcolizzato, colpevole di volerlo essere.

Camminando per la strada mi capita di assistere a un esorcismo. Accade in una delle decine di chiese evangeliche sparse per il quartiere. Non sembrano delle vere chiese, assomigliano più a dei negozi. Sono dei piccoli saloni o stanze aperti/e verso la strada, con un’insegna che indica a quale chiesa evangelica si fa parte (“Santa Chiesa di Dio”, “Chiesa di Gesù nel Mondo”, “Assemblea di Dio”, “Chiesa Evangelica Universale”, Chiesa Evangelica Gesù ti Ama”, etc etc), pieni di sedie e una postazione con microfono o addirittura un palco in fondo. Si calcola che di queste chiese/movimenti ne nasca una ogni due giorni. Basta un pastore (non un prete o un sacerdote, un pastore, quindi potrei aprirne una io domani se volessi) che affitti un locale e inizi a predicare. E ovviamente a richiedere il “dizimo”, la decima parte di tutto ciò che un fedele guadagna che deve donare alla chiesa. Comunque, passo davanti a una di queste robe e vedo uno scalmanato che si dimena e grida, tenuto seduto a forza da un tipo vestito bene, mentre il pastore di turno, con una bibbia in mano e una mano sulla fronte dell’indemoniato urla preghiere e affini. La scena dura un po’, io evidentemente mi stufo prima del demone infestante e proseguo per la mia strada.

Con Paolo e con Fabio ho partecipato a due degli incontri mensili in cui vengono consegnate le ceste basiche alle famiglie delle adozioni. Essendo divisi per quartieri (ogni giorno per una settimana al mese viene fatto un incontro in un quartiere diverso) i gruppi di genitori risultano essere di 20/25 persone. Ad Ottobre avevo partecipato ad un altro di questi incontri, per un totale di tre, ognuno in un quartiere diverso e quindi con persone diverse. L’incontro funziona così: “palestra”, ovvero formazione, su qualunque tema che si pensi possa essere utile a queste famiglie, di circa 30/40 minuti, poi eventuali avvisi o richieste e infine consegna delle ceste. Il tutto in un clima sicuramente particolare, ma spesso più gioioso di come mi sarei aspettato, almeno a prima vista.

La cesta, di cui vi ho già elencato il contenuto, non è esattamente leggera. Sicuramente più di 10 Kg. Ebbene, su tre incontri, ovvero circa 60/70 persone, hanno partecipato tre uomini. A questi tre si aggiungono altri forse dieci che non hanno partecipato all’incontro, mandandoci la moglie, ma almeno si sono fatti trovare all’uscita per portare la cesta a casa. Ma in molti casi il marito/compagno di turno è a casa bello comodo.

Vi racconto il caso più eclatante. Giovane donna, alta, magrissima, in cinta di 9 mesi, una pancia immensa su un corpicino esile e snello, sola. Si vede che camminare, sedersi e alzarsi, insomma muoversi, le costa fatica. A fine riunione ci informiamo e scopriamo che pensava di andare a casa a piedi. Abita a almeno un paio di chilometri, proprio nell’unico punto scosceso del quartiere, con 2 strade piuttosto ripide. Ci offriamo di darle un passaggio con la macchina e lei accetta di buon grado. Arriviamo a casa, scarichiamo lei e la cesta e Paolo saluta il marito che era seduto davanti a casa a bersi una birra con gli amici. In effetti l’orario era perfetto, con il sole che tramontava e spargeva una luce meravigliosa, accompagnata da una piacevole brezza. Mica scemo. Magari un filino stronzo si, ma scemo no. Io e Paolo ripartiamo, allibiti, io soprattutto, meno abituato di lui a questo popolo dai comportamenti così contraddittori.

Ma diceva qualcuno una volta, sicuramente con parole più belle delle mie: di una persona non si può prendere ciò che piace e lasciare il resto, sputando il nocciolo come se fosse un’oliva, ma bisogna prendere tutto, pregi e difetti. Lo stesso vale per un popolo, per un paese. Di questo non voglio sputare nulla, neanche quando in bocca mi esplode un sapore pungente e amaro. O ancora peggio, di cocco.

 
Anche la foto simboleggia bene le due facce di questo paese. Clesio e Kesley, fratello e sorella, vengono a uno dei reforços e partecipano al programma delle adozioni a distanza. Mentre Kesley affettuosamente mi manda un cuore, Clesio mi manda coraggiosamente a f*****o.  Due bei tipi.