Il calendario mi ricorda che ci stiamo inesorabilmente
avvicinando al Natale, ma i 32° C di temperatura mi rendono alquanto difficile
credergli. Mi schianterò contro la verità con il primo passo fuori dall’aereo a
Milano.
Storia di un padre:
E. aveva 43 anni ed era padre e marito. Ma soprattutto
padre. Aveva quattro figli, di cui una nel progetto delle adozioni a distanza.
Vi ho già parlato di lui nell’ultimo post, è stato ucciso nel quartiere di
Liberdade circa dieci giorni fa’. Ha vissuto ed è morto come padre. Aveva saputo
che il figlio tredicenne era entrato in un brutto giro, e che un signorotto
della droga lo stava usando per i suoi traffici. Dopo aver parlato con figlio,
il padre capì che uscire dal quel brutto giro non era semplice, e soprattutto
che la volontà del figlio non bastava. Fu così che un giorno, circa dieci
giorni fa’, E. si è fatto coraggio ed è andato dal signorotto, chiedendogli di
lasciare in pace il figlio. In risposta ha ricevuto sei colpi di pistola. Era
un buon padre e se n’è andato come il migliore.
In queste ultime settimane ci stiamo dedicando più del
solito alla traduzione delle letterine che le famiglie delle adozioni mandano
ai padrini italiani in occasione del Natale. Si trova un po’ di tutto, e ogni
tanto servirebbe una perizia calligrafica, ma armati di pazienza si riesce
nell’impresa.
In una botta di mondanità, venerdì scorso, siamo andati al
cinema nel centro commerciale più “classe A” di Goiania. Abbiamo assistito a
Thor 2. Diciamo che la complessità non esagerata dei dialoghi ha facilitato la
mia piena comprensione della trama, che posso per voi qui riassumere: c’è un
tizio biondo con un martello molto grosso, se un cattivo lo fa arrabbiare
glielo da in testa e vince.
Per farvi vedere un piccolo ma intimo pezzo del mio mondo ho
creato e pubblicato una sorta di video della mia camera: La Mia Camera Brasiliana
Grazie cari coinquilini che mi avete sopportato e supportato
durante la creazione.
Essendo entrati nelle due settimane di Colonia de Ferias e
nelle ultime due settimane di permanenza qui in Brasile il tempo libero è
calato drasticamente, siamo sempre incasinati tra lavori e inviti vari, quindi
questo potrebbe essere l’ultima o una delle ultime volte che vi scrivo. E si
udì un boato dalla folla, formato dalle parole “finalmente”, “era ora” e
“taci”.
Ci sarebbero tante altre cose da raccontare. Dovrei
raccontarvi dei mille sorrisi che ho incontrato, di qualche pianto, di come
fatico con il portoghese ma alla fine mi faccio sempre capire, del funky e del
forrò, di partite a calcio, di famiglie più numerose della mia che vivono in
una stanza, di Fabio che ormai è un cantante famoso, dei 4 accordi che ho
imparato con la chitarra che suono tutto il giorno, del compleanno di Padre
Corrado, di tantissimi ragazzi “custosos” (faticosi) e fantastici, di quanto
sia incapace a disegnare, della luce marziana che avvolge tutto nell’ora del
tramonto, di come sia probabilmente riuscito a sbagliare TUTTE le misure per le
infradito che ho preso per la Giulia, della “saudade” brasiliana che accompagna
sempre un sorriso ad una lacrima, dei “litrao” di birra, dei tanti discorsi con
chi ha conosciuto Dani, della “comida” brasiliana che mi ha fatto ingrassare,
delle ragazzine che mi chiedono se facciamo cambio di occhi, di tutti quelli
che mi hanno detto che con i baffi stavo male, di tutti quelli che mi hanno
mentito dicendomi che con i baffi stavo bene, delle volte in cui ho dovuto
cucinare, di quando ho conosciuto Jefferson che è un menino de rua e sua
figlia, di tutte queste e altre cose che però non ho il tempo di scrivere e vi
racconterò a voce, annoiandovi come sempre, ma con classe.
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