venerdì 22 novembre 2013

Mato Grosso - Parte Prima: Anaconde e Moleskine

Giovedì sera io, Fabio e la Silvia siamo partiti da Goiania per andare in Mato Grosso e siamo tornati lunedì sera. Durante questi giorni, per la prima volta, ho tenuto una specie di diario. La realtà in cui ero immerso era talmente particolare da invogliarmi a scrivere fatti, luoghi, persone e sensazioni. Questa cosa non sarebbe stata possibile senza il Ross, che pochi giorni prima che io partissi mi ha salutato regalandomi inoltre una leggendaria Moleskine. Beh, ci sono poche cose che ti fanno sentire veramente figo come scrivere sulla tua Molskine al chiaro di luna in un villaggio Xavante.
Grazie Ross.

Giorno 1 - Venerdì

In Brasile praticamente non esistono treni. Sembra che l'industria automobilistica (Wolksvagen in testa) abbia lavorato parecchio affinché ciò accadesse. E così per andare in Mato Grosso si prende il pulman. Viaggio lungo, circa 12 h, ma comodo. Partenza alle 22.40 di ieri sera e arrivo in mattinata. Ad attenderci alla "rodoviaria" (le grandi stazioni per pulman) c'erano Van Der Lei, responsabile dell'Operazione Mato Grosso in quelle zone, e il suo pulmino da 25 posti. In un'altra mezz'ora arriviamo a Santa Clara, una "aldeia" (villaggio) degli indios Xavantes. Gli Xavantes sono il gruppo indios più grande rimasto, con circa 15000 individui.
Ma prima di arrivare al villaggio non dimentichiamoci della "frontiera": un indios in bicicletta con un machete appeso alla cintola. Per fortuna non mi ha timbrato il passaporto.
Questa aldeia conta circa 200 persone, tra cui tantissimi bambini, quasi 80. Imparo che un villaggio è sempre diviso in due clan e che i matrimoni sono obbligatoriamente misti tra essi.
Inoltre, sempre i matrimoni, vengono decisi dai genitori quando i figli futuri sposi sono ancora piccoli.
Il villaggio è formato da diverse capanne di forma circolare, una scuola, una cappella e alcuni edifici comuni che vengono utilizzati in caso di feste o ricorrenze particolari. Al centro c'è un grosso spiazzo vuoto, la "piazza".
Il pomeriggio lo passiamo visitando un'altra aldeia vicina, molto simile. Facciamo il giro delle capanne e conosciamo un po' di persone. Ascolto attentamente la loro lingua, affascinante. Suoni che mi ricordano i nativi d'america nel film "Balla coi Lupi", e io sono Kevin Costner che si rende ridicolo usando strani gesti per comunicare.
Torniamo a Santa Clara, il sole tramonta, e ci dirigiamo verso il centro del villaggio. Come tutte le sere gli uomini si radunano nella piazza per parlare, mentre le donne devono rimanere in casa. Si parla di tutto, e se ci sono decisioni da prendere si discute: partecipa anche il capo villaggio, ma è tutto il consiglio che decide. Molti si portano una sedia, un salviettone, la pipa. E' un momento di relax. Toglie un po' di magia ma per dovere di cronaca va detto: è una sinfonia di sputi.
A "riunione" in corso veniamo presentati io e Fabio (la Silvia è dovuta rimanere nella capanna). Il mi nome suscita grande ilarità e ognuno dei partecipanti lo storpia a suo modo. La prossima volta dirò di chiamarmi Mario.
Poi succede una cosa strana. Uno degli anziani saggi mi chiama e mi chiede chi è il mio capo in Italia. Non gli so rispondere e gli chiedo perché vuole saperlo. Lui dice che parlerà con il mio capo per convincerlo a farmi tornare in Brasile nei prossimi anni. A quel punto, seppur pieno di altri interrogativi, non ho dubbi. Il vecchio deve parlare con la Giulia. Auguri vivissimi.
A fine giornata, dopo la cena, ci raccontano che, mentre eravamo nell'altro villaggio, un ragazzo facendo il bagno nel fiume ha trovato un cucciolo di anaconda. Un cucciolo di 2 metri. E ovviamente l'ha ucciso. L'ha ucciso anche perché da queste parti raccontano una storia. Una volta un uomo si è imbattuto in un cucciolo di Anaconda, lo ha affrontato ma senza ucciderlo e poi se n'è andato per la sua strada. Il cucciolo, ferito, è guarito e cresciuto, diventando lungo 12 metri. E per diversi anni ha aspettato in quello stesso punto l'uomo. Qualche anno dopo lo stesso uomo è veramente ripassato di lì. E l'anaconda ha fatto la pappa.
Una volta controllato che in camera non ci fossero troppe tarantole, tutti a nanna.

Giorno 2 - Sabato

A colazione proviamo il miele di canna da zucchero, il "Melado". Poi lo stesso anziano della sera prima mi saluta e mi fa un braccialetto. Ce l'hanno tutti gli uomini del villaggio, anche se molti lo portano solo nelle occasioni speciali. E' un simbolo di amicizia e di appartenenza, ma può mostrare anche se sei sposato (è più stretto) o se sei una persona importante (è più spesso).
Facciamo alcune attività con i bambini, una mandria di cui la Silvia si impossessa velocemente, e tutti a pendere dalle sue labbra. Ci da una mano anche Meissias, un ragazzo Xavante di 19 anni. Pettinatura tipica (caschetto di capelli nerissimi lasciati lunghi dietro la testa) e fisico tipico (basso, ma con le spalle larghe e un tronco muscoloso, segno che la selezione naturale e i 300 anni di schiavitù hanno funzionato a meraviglia). Ci sarebbe da mettere su una scuola di rugby. E invece ovviamente esiste un campionato di calcio Xavante.
Con i bambini, prima della merenda, bagno in fiume, con gli occhi aperti vista la storiella di ieri sera.
Manca ancora un'ora al pranzo e allora facciamo il giro del villaggio con Van Der Lei, che parla bene la loro lingua.
Sembra che le foto disturbino un po', e soprattutto non mi trovo a mio agio a farne stando lì così poco tempo, senza prima poter conoscere adeguatamente le persone. E così la mia reflex se ne sta a cuccia. Sigh.
Conosciamo la signora più anziana del villaggio:107 anni. E una scena particolare, a cui qualche anno fa non avremmo assistito. La signora è a letto, non è in formissima, e così, cosa abbastanza rara, entriamo nella capanna. Mentre ci presentiamo arrivano un po' tutti i presenti. Tutti tranne uno, di spalle, che non si volta nemmeno. E' seduto per terra, concentratissimo, occhi fissi, indifferente al mondo intorno a lui. Sta guardando Kung Fu Panda, un cartone animato della Disney, sulla televisione.
Da qualche anno è arrivata l'elettricità all'aldeia, e con essa le televisioni. Capanne semplici, a volte verrebbe da dire misere, con magari letti di paglia, ma con la televisione. E mi vengono in mente, su tutti, Pier Paolo Pasolini e Dylan Dog. Me li immagino inveire contro la scatola magica. Che grandi.
L'uomo più anziano del villaggio di anni ne ha "solo" 93, è in carrozzella dopo un ictus ma con la testa è più in forma di me.
Pranzo, saluti e spostamento a Novo Sao Joaquem, che però non è una aldieia ma un paesino. Fine dell'immersione nel mondo indios.
Un mondo incredibile, non valutabile con i nostri parametri, antico ma non arretrato. Che sta correndo un grande rischio, perché l'altro mondo, il nostro, gli sta arrivando in faccia con una violenza a cui non sono preparati. Si trovano in bilico tra una chiusura che significherebbe inesorabilmente spegnersi e un'apertura che rischia di cancellare la loro identità.

Mato Grosso - Fine della prima puntata

Adesso carosello e tutti nanna.

"Non è vero che tutto fa brodo! E' Lombardi il vero buon brodo!"

Si lo so, sono anziano dentro.


1 commento:

  1. Ammetto di essermi un po' gonfiato come un pavone nel leggerlo :D

    Continua così gec. Il blog dà dipendenza te lo assicuro, ti sta riuscendo benissimo.

    Ciao. ross

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